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domenica 30 gennaio 2011

Una vita come le altre.

Un libro dall'ironia velata di tristezza....
Una famiglia, i parenti, la malattia mentale, la guerra, i viaggi degli altri e quelli interiori , i valori sociali e morali, le abitudini, gli hobby, la vecchiaia, la morte....
Riflessioni sulla vita.


 " Che nelle case di riposo ci sia qualcosa di sbagliato lo si capisce benissimo dal lessico: è fumoso, i termini non calzano e le categorie traballano. Una casa che non è una casa, ma nemmeno un ospedale, e neanche un albergo. Come si chiamano gli anziani che ci vivono e ci muoiono? Residenti? Pazienti? Reclusi? Non c'è una parola adeguata. E chi si occupa di loro? Le infermiere? Non esattamente, dato che poche lo sono. Mamma me lo fece notare all'inizio:< Queste qui non sono mica infermiere. Sono quasi tutte ragazzine e basta>.
E se non si sa come chiamarle, acchiapparne una è difficile, sopratutto per le ricoverate. In un ospedale si direbbe:< Infermiera!>. Qui si dice: < Scusi!>, che è un po' bislacco quando ci si rivolge a non si sa bene chi, o magari a una stanza vuota: Certo la soluzione migliore potrebbe essere chiamarle per nome; le assistenti portano la targhetta ma le povere vecchie non se la cavano bene coi nomi, che è proprio uno dei motivi per cui sono finite qui. .....
Queste definizioni fumose- la casa che non è una casa, l'infermiera che non è un'infermiera- nascono perchè gli ospiti delle case di riposo non sono ammalati in senso stretto; non è tanto la malattia che li porta qui, quanto un'incurabile inettitudine".

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